Nel caso di edificio in condominio composto da due soli condomini

“Nel caso di edificio in condominio composto da due soli condomini, il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino è regolato dall’art. 1134 c.c., è riconosciuto soltanto per le spese urgenti, e cioè quelle che devono essere eseguite senza ritardo e la cui erogazione non può essere differita senza danno; è inapplicabile, invece, nella suddetta ipotesi l’art. 1110 c.c., il quale subordina il diritto al rimborso delle spese anticipate da uno dei comunisti alla mera trascuratezza degli altri condomini”. E’ questo il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 2046 del 31 gennaio

2006, hanno composto un contrasto di giurisprudenza inerente all’ambito della qualificazione della fattispecie del “condominio minimo” e della conseguente disciplina normativa a questo applicabile.
La questione di diritto sottoposta all’esame delle Sezioni Unite consisteva nello stabilire se nel caso di condominio composto da due soli proprietari (c.d. “condominio minimo”) debbano applicarsi le norme in materia di condomino ovvero quelle che disciplinano la comunione.
Va precisato, al riguardo, che la figura del “condomino minimo” deve considerarsi, più che altro,come una  creazione della giurisprudenza di legittimità che, negli ultimi anni, non ha mancato di occuparsi della fattispecie in esame assimilandola- in maniera minoritaria- con le proprie pronunce a quella della comunione.
Questo parallelismo tra “condominio minimo” e “comunione”, per la giurisprudenza legittimità si fondava e si concretizzava sulla impossibilità, dovuta alla presenza di due soli comproprietari, di applicare le maggioranze tipiche della disciplina sul condominio (artt. 1136 e 1134 cod. civ.) a tutte quelle situazioni concernenti il rimborso delle spese anticipate da un condomino - non autorizzate o non deliberate - , per le parti di uso comune.
In quest’ottica, dunque, per tale parte della giurisprudenza, alla fattispecie del “ condominio minimo” doveva applicarsi il dettato normativo operante in tema di comunione in base al quale al comunista spetta, invece, il rimborso delle spese sostenute (art. 1110 c.c., e combinato disposto degli artt. 1139 e 1105 c.c.).
Nella fattispecie oggetto della sentenza n. 2046 del 31 gennaio 2006, le Sezioni Unite, invece, hanno precisato, in controtendenza con tale giurisprudenza di legittimità, come anche nel caso di edificio in condominio composto da due soli partecipanti debbano applicarsi le norme che regolano e disciplinano il condominio negli edifici, sancendo un principio interpretativo di diritto unitario.
Con la pronuncia in esame, le Sezioni Unite sembrano “abrogare” la fattispecie del “condominio minimo” statuendo l’applicabilità a quest’ultimo delle norme proprie del condominio, anziché quelle sulla comunione.
Inoltre, va evidenziato, nonostante quanto assunto talvolta dalla giurisprudenza di legittimità, come nessuna norma positiva prescriva - né expressis né per implicito – che l’assemblea di un condominio formato da due soli condomini, si costituisca e dicida validamente con la presenza di tutti e due i condomini (anche se qualora la maggioranza non possa formarsi in concreto si renderà necessario adire l’autorità giudiziaria ex art. 1105 cod.civ.).
Il vulnus di norme a riguardo, in base a quanto statuito dalle Sezioni Unite, comporterebbe ipso iure l’applicabilità anche al “condominio minimo” dell’intero dettato condominiale.
Infatti se è vero che per la nomina dell’amministratore e per il regolamento si richiede rispettamene il numero di quattro e più di dieci condomini(artt. 1129 e 1138 del cod.civ.,) , è anche vero che nessuna norma dettata in materia di condominio contempla,invece, il numero minimo dei condomini.
Deve concludersi, pertanto, che nulla si oppone a che il condominio minimo non venga disciplinato dalle norme in materia di comunione e che la fattispecie de quo sia considerata in tutto similare a quella dei condomini con più comproprietari in cui a causa dei più svariati motivi non si riesca a raggiungere una maggioranza.
In base all’assunto delle Sezioni Unite, infatti, al fine di disciplinare il c.d “condominio minimo”, il numero dei condomini si rivela irrilevante in quanto ciò che è necessario e sufficiente per asserire e configurare il parallelismo tra il condominio in edificio e il “condominio minimo” è, in

[...]

realtà, la relazione di accessorietà tra cose proprie e cose comuni
La sentenza in esame, sancisce, dunque, la profonda differenza esistente tra condominio composto anche solo da due comproprietari e comunione, fondando tale assunto non solo sul diverso concetto, ma anche sulla diversa funzione di utilità dei beni inerenti ad ambedue le fattispecie: strumentale ed indivisibile quella dei beni del condominio e, di contro, utilità finale quella dei beni della  comunione.    
Allo stato attuale prevale l’orientamento della Corte e, dunque, in caso di controversie concernenti un condominio composto da due soli comproprietari queste dovranno essere regolate in base alle norme che disciplinano il regime del condominio in edificio, se nell’edificio almeno due piani o porzioni di piano appartengano in proprietà solitaria a persone diverse.