Sentenza emessa dal Tribunale di Monza il 7 maggio 2013 (sent. n. 1230) Infiltrazioni dovute a gravi difetti e risarcimento dei danni
La responsabilità del costruttore che ne deriva, si legge
nella pronuncia, non può essere equiparata al caso fortuito che
rappresenta l’unica ipotesi di esonero dalla responsabilità oggettiva
per cose in custodia ex art. 2051 c.c. Dai danni alle abitazioni, poi,
prosegue il giudice adito nell’ampia motivazione della sentenza n.
1230/13, possono discendere anche danni di natura non patrimoniale per
le persone che vi abitano. L’iter argomentativo del magistrato è
articolato. Esso parte dalla sentenza n. 26972 del 15.11.2008 (sul
così detto danno esistenziale) e passando per la Convenzione Europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
riconosce dignità di diritto fondamentale alla proprietà che quindi
dev’essere tutelata da ogni forma di aggressione ingiustificata. Non è
la prima volta che si giunge a simili conclusioni (cfr. in tal senso
Trib. Firenze, 21 gennaio 2011 n. 147). Le infiltrazioni rappresentano
una forma di danno ingiusto e se da queste discende un non
trascurabile disagio nel godimento del bene, allora il diritto di
proprietà deve ritenersi leso e di conseguenza deve considerarsi
esistente un danno non patrimoniale per il titolare di quel diritto.
E’ sempre il giudice a dover apprezzare la lesione di diritti ed
interessi, ricorda il Tribunale di Monza, per poi concludere che nel
caso di specie non si sono posti dubbi sul diritto al risarcimento
visto che i fenomeni infiltrativi avevano creato problemi di salute e
comunque avevano limitato il godimento dell’immobile (un certificato
ASL, atto di causa, parlava di invivibilità della casa). Condannato il
condominio, il giudice, si diceva in precedenza, è poi passato a
decidere sui rapporti compagine-impresa, condannando anche
quest’ultima. I danni erano sicuramente ascrivibili alla presenza dei
così detti gravi difetti di costruzione e quindi, si legge nella
sentenza che motiva anche sulla scorta delle consulenza tecniche agli
atti di causa, era legittima l’azione del condominio ex art. 1669 c.c.
In questo contesto, afferma il Tribunale di Monza, la denuncia di tali
gravi difetti da parte del condominio non può considerarsi tardiva, in
quanto, come affermato ormai da lungo tempo dalla Cassazione, “il
termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi
difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669 cod.
civ. a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro
l'appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un
apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e
della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera,
non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza
e semplici sospetti; tale conoscenza deve ritenersi, di regola,
acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo
all'atto dell'acquisizione di relazioni peritali effettuate (cfr., ad
esempio, Cass. Civ. n. 2460/2008 [...])” (così Trib. Monza 7 maggio
2013 n. 1230). Insomma i termini della denuncia decorrono da quando si
ha cognizione fondata su dati di fatto (e non su meri sospetti
personali) della presenza di gravi difetti. In ogni caso, proprio per
evitare di cadere nelle pericolose trappole dovute alla decadenza, è
sempre bene agire rapidamente. Sui gravi difetti – per i quali per
un’analisi più accurata rimandiamo ad un altro nostro articolo di
approfondimento dal punto di vista tecnico – nella sentenza, in
conformità a quanto detto dalla Cassazione, si legge che devono essere
considerati tali “quelli dai quali derivi un apprezzabile danno alla
funzione economica od una sensibile menomazione del normale godimento
dell'edificio o del suo valore di scambio, rivestendo il carattere
della gravità tutte quelle alterazioni che incidono sulla sostanza
dell’opera e su tutti quegli elementi che devono essere presenti
affinché l’opera stessa possa fornire la normale utilità in relazione
alla sua funzione economica e pratica (per l’affermazione di siffatto
principio cfr., tra le tante, Cass. Civ. n. 9636/2001 [...])” (Trib.
Monza 7 maggio 2013 n. 1230).
Compensi dell’amministratore ed opere straordinarie.
La sentenza n. 22313 della Cassazione, del 30/09/2013, è tornata ad
occuparsi del compenso dell'amministratore di condominio in relazione ai lavori
straordinari.
Normalmente, si ritiene che il compenso stabilito forfetariamente in
occasione dell'assunzione dell'incarico o del rinnovo, sia limitato
alla gestione
ordinaria (spese amministrative, servizi condominiali, piccola manutenzione,
energia, acqua ecc.) ma non comprenda la gestione di lavori straordinari, per il
codice civile “lavori di rilevante entità”, che deve essere liquidato a parte,
normalmente in ragione di una percentuale sul complessivo dei lavori.
L'orientamento della giurisprudenza (a parte alcuni precedenti di
merito) ritiene che se l'assemblea non approva espressamente il suddetto
compenso straordinario nulla è dovuto all'amministratore, per cui si
intende che il
compenso pattuito all'assuzione dell'incarico annuale sia già
comprensivo di ogni
attività, anche relativa alla gestione di manutenzione di rilevante
entità delle parti
comuni. Il legislatore, con la legge 220/12, preoccupato degli abusi
di alcuni amministratori che, conseguito un accordo sulla gestione
ordinaria, al momento dell'approvazione del consuntivo inserivano
spese ulteriori (partecipazione ad assemblee straordinarie, gestione
sinistri, stampa rendiconti ecc.) onde farle passare nascoste tra le
altre spese generali del caseeggiato, ha adottato una soluzione
radicale, sul cui funzionamento si possono esprimere delle riserve.
Il nuovo articolo 1129 c.c. recita che l'amministratore, in occasione
della nomina o del rinnovo, debba analiticamente specificare l'importo
dovuto per la sua attività a pena di nullità della nomina; certo
sarebbe stata migliore una formulazione meno incisiva che
avesse previsto l'inesigibilità delle voci non riportate
espressamente, mentre la
disposizione, così come concepita, rischia di fare dichiarare nulle
tutte le nomine
ove non siano previste, in maniera minuziosa, tutte le possibili voci (il che è
praticamente impossibile).
In realtà la norma deve interpretarsi nel senso che sia da considerarsi nulla
la nomina qualora la specifica del prezzo non sia determinata o determinabile o
lasci spazio ad abusi.
Esistono due sistemi per presentare un preventivo all'assemblea, uno
secondo un principio “modulare”, cioè con elencazione analitica delle
attività con
un prezzo per ognuna e uno forfetizzato, con un prezzo comprensivo di tutta
l'attività; normalmente, per non avere brutte sorprese, i condomini nominano chi
presenta il sistema forfetizzato, per cui quello modulare non ha avuto
fortuna se
non nella misura attenuata, ove viene previsto un prezzo forfetizzato, ma con
diverse attività specificatamente definite “extra” quali assemblee
straordinarie o
altro.
Un sistema misto, pertanto, non dovrebbe (il condizionale è d'obbligo)
essere sanzionato da nullità qualora riporti la clausola secondo la quale sia
compresa nel prezzo forfetizzato ogni attività che non sia specificatamente
prevista come tassata a parte, con ciò evitando che il prezzo possa lievitare in
occasione del consuntivo di spesa.
Per quanto concerne, per l'appunto, i lavori di rilevante entità, il candidato
amministratore potrà presentare, nel suo preventivo, una quota percentuale
sull'importo di eventuali opere ma, tale proposta, dovrà necessariamente essere
espressa in occasione dell'accettazione dell'incarico o del rinnovo e non in
occasione dell'approvazione dei lavori, proprio in quanto la nuova legge imponga
che il costo dell'attività venga predeterminato alla nomina.