Comunione
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Si ha comunione quando la proprietà o altro diritto reale spetta a più soggetti tra loro in comune (art. 1100 c.c.). In funzione di tale contitolarità, tutti i partecipanti alla comunione debbono conseguentemente esercitare i diritti e le facoltà che a loro spettano sulla cosa, nei limiti in cui tale esercizio non impedisca agli altri comproprietari di godere e di disporre della stessa.
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Natura della comunione
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Che natura ha la comunione? Il fenomeno, secondo la tesi tradizionale e prevalente, viene spiegato come segue. Quando una cosa appartiene in comune a più soggetti, ad esempio un terreno che appartiene a due comproprietari ciascuno per la metà, il diritto dei partecipanti non ha ad oggetto una parte fisicamente individuata della cosa comune (ad esempio la parte destra o sinistra del terreno), ma riguarda l’intera cosa complessivamente considerata (e cioè l’intero terreno). Questo diritto però non è illimitato: come detto, esso incontra, quale vincolo, il diritto degli altri comproprietari. La comunione è pertanto la situazione giuridica, avente per oggetto il godimento, diretto o indiretto, della cosa comune (1).
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La quota
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Quando il nostro Codice parla della quota di comunione, allude pertanto a una quota "ideale", poiché essa non è riferita a questa o quella porzione individuale del bene. Così tutti i contitolari vantano un diritto sull’intero bene, ma tale diritto è limitato alle rispettive quote di pertinenza (ad esempio, un mezzo, un terzo e un sesto), in ragione del concorso degli altri contitolari. Ai sensi dell’art. 1101, 2° comma c.c.: "Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote" – quote che, in mancanza di diversa disposizione del titolo o della legge, "si presumono eguali" (art. 1101, 1° comma c.c.).
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Tipi di comunione
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In tal modo, la quota non è l’oggetto del diritto, bensì la misura del limite al diritto del comproprietario. In concreto, se la cosa produce frutti, questi si dividono in funzione della quota. Se quindi vi sono tre comproprietari di un terreno, il primo per la quota di un mezzo e gli altri due per la quota di un quarto ciascuno, agli stessi soggetti i frutti prodotti dal terreno spetteranno nelle suddette proporzioni (e cioè al primo un mezzo, e agli altri due per un quarto ciascuno). La comunione può avere ad oggetto la proprietà (si parla allora di comproprietà), come pure gli altri diritti reali di godimento (ad esempio la comunione sull’usufrutto, detta cousufrutto, la comunione sull’uso, ecc.). La comunione è volontaria quando è direttamente voluta dall’accordo delle parti; è legale o forzosa, se deriva dalla legge (il condominio); è incidentale, se origina da fatti fortuiti non voluti dai comproprietari (tale è la comunione che sorge a seguito della morte di un soggetto che lascia più eredi).
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Condominio
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Il condominio è un particolare tipo di comunione, regolato dagli articoli da 1117 a 1139 del Codice Civile. Il fenomeno del condominio è sociale, prima che giuridico. Esso viene in evidenza con il grande sviluppo urbanistico dell’Ottocento, conseguente all’Urbanesimo, cioè la concentrazione della popolazione nelle città determinata dalla rivoluzione industriale e dal declino dell’economia agraria. Da allora si diffonde la costruzione di grandi edifici, suddivisi in piani e poi in singoli appartamenti ("porzioni di piano"): questi ultimi sono attribuiti in proprietà esclusiva, mentre le parti comuni dell’edificio (ad es. le fondamenta, i muri portanti, ecc.) e i servizi ugualmente comuni (ad es. la portineria) costituiscono automaticamente una comunione forzosa, cioè necessaria e indivisibile tra i proprietari dei diversi piani o porzioni di piano dell’edificio.
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Differenze tra comunione e condominio
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Deve essere ben chiara la distinzione tra comunione e condominio. Nella comunione il diritto di proprietà (o altro diritto reale) su un data bene spetta congiuntamente e in modo indiviso (pro indiviso) a più soggetti, che mantengono il loro diritto su tutta cosa, in funzione e nei limiti della quota di loro competenza. [Ad esempio: muore Giuseppe, vedovo, che lascia eredi i suoi quattro figli Aldo, Antonio, Giovanni e Giacomo, tra loro in parti uguali; nel patrimonio ereditario è ricompreso unicamente un piccolo stabile in Comune di Milano, che si compone di quattro appartamenti ad uso abitativo, tra loro sostanzialmente uguali. Supponiamo che Aldo, Antonio, Giovanni e Giacomo abbiano tutti e quattro accettato l’eredità: in questo momento sussiste una comunione (incidentale) degli stessi sullo stabile, poiché nessuno è titolare della proprietà piena ed esclusiva di alcuno degli appartamenti in discorso, e quindi di ciascuna unità immobiliare saranno comproprietari i quattro fratelli, ciascuno per la rispettiva quota di un quarto pro indiviso]. Nel condominio di edifici esistono più proprietari esclusivi di parti distinte di un fabbricato (piano o porzioni di piani), i quali, per ragioni tecniche e funzionali, restano necessariamente comproprietari pro indiviso di alcune parti dell’edificio necessarie all’uso o all’utilità comune. [Riprendendo l’esempio di cui sopra, si avrà un condominio solo a seguito di divisione, cioè dell’atto che attribuisce a ciascuno dei condividenti la piena ed esclusiva proprietà di uno dei quattro appartamenti: per poter validamente stipulare la divisione, occorre il consenso unanime di tutti i comproprietari, o un provvedimento del giudice, in mancanza di tale accordo]. Si può notare che quella sulle parti comuni dell’edificio condominiale è una comunione in senso proprio, specificamente connotata per la sua peculiare natura di comunione forzosa. Per questo si parla di "comunione condominiale" (con una sintesi terminologica che non deve indurre in equivoco: si tratta sempre della disciplina del condominio). Le quote di comproprietà condominiale si misurano normalmente in millesimi.
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Le parti comuni
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Le parti comuni dell’edificio sono elencate dall’art. 1117 c.c., norma che stabilisce una presunzione legale di comunione. Per alcune parti non menzionate nell’elenco sono sorti notevoli dubbi (dubbi che in concreto si traducono in un ampio contenzioso giudiziale). È il caso, ad esempio, del sottotetto (o soffitta) dell’edificio: esso si considera normalmente pertinenza (2) dell’edificio posto all’ultimo piano quando assolve all’esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento mediante la creazione di una camera d’aria; si considera invece oggetto di comunione condominiale quando, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, esso risulti anche solo potenzialmente destinato all’uso comune o all’esercizio di un servizio comune (es. lavatoio e/o stenditoio).
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Il c.d. "supercondominio"
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Il Codice disciplina espressamente il fenomeno del condominio c.d. verticale, relativo ad un unico edificio suddiviso in più piani. Il condominio si può presentare però anche in forma orizzontale, con la creazione di complessi residenziali articolati in più corpi di fabbrica, che poi usufruiscono in comune di opere comune anche strutturalmente distaccate, quali ad esempio la portineria, i viali di accesso, il parco, i parcheggi, la piscina e quant’altro. Si parla in tal caso di "condominio complesso" o "supercondominio". In tale fattispecie gli interpreti ravvisano il concorso della disciplina della comunione e del condominio: - quella della comunione in generale è ritenuta applicabile alle opere e ai servizi comuni ai vari edifici del complesso; - quella del condominio ai singoli fabbricati e alla relativa autonoma organizzazione.
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